IL VALORE SACRO DELLA PATERNITA’
Un bambino sulle spalle di suo padre:
nessuna piramide o colonna dell’antichità è più alta. (Caramagna)
Il 19 marzo si festeggia San Giuseppe.
San Giuseppe ha sempre attratto la mia attenzione. Un uomo celebrato per il ruolo “formale” di marito e padre ma, io credo, mai davvero conosciuto per il valore di reale insegnamento che egli ha avuto. Io credo, e non chiedetemi il motivo perché lo ignoro, che Giuseppe sia stato più importante di quanto non sembri. Di certo, basterebbe il suo coraggio di tenere con sé una donna incinta e credere in lei e nell’origine della sua gravidanza, per riconoscerne e rispettarne la natura. Basterebbe aver salvato questa moglie e il suo bambino dalla paura di Erode e del suo sterminio. Basterebbe, e come se basterebbe.
Ma io so che c’è di più, molto di più.
Questo mi porta a riflettere sulla valore sacro della paternità.
Mentre cercavo le parole per questo articolo, è arrivato un whatsapp. Che meraviglia le continue sincronicità che vivo. È di Cecè di Lamezia Terme. Tratta di paternità. Ecco i dati: secondo un dossier della Caritas il 72,7% delle donne separate vede tutti i giorni i propri figli, mentre ci riesce solo il 9,2% degli uomini. Il padre viene ancora oggi visto come una figura quasi aggiuntiva alla relazione tra la madre ed i comuni figli, a tal punto che la presenza, in molti casi, diventa oggetto di negoziazione. La maggior parte dei padri (41,9%) li incontra più volte alla settimana, altri qualche volta al mese e alcuni quasi mai, nemmeno nel periodo della festività quali Pasqua e Natale. Oggi insomma, sono molto pochi i papà che possono festeggiare con i bambini.
Ecco ciò che considero un reato. Privare un padre della sua paternità e un figlio della sua prossimità fisica, emotiva e spirituale è un grave reato perché ciò incide in modo significativo sulla crescita armoniosa del bambino. Eccezion fatta per quei casi, in cui c’è un reale pericolo per la prole e l’ex compagna.
La paternità è sacra quanto la maternità perché gli insegnamenti che se ne traggono sono compenetrativi. Due modalità diverse che offrono un’esperienza emotiva ricca di tutti quegli spunti che servono alla crescita.
Credo, e questo lo conferma anche la Caritas con i dati che condivide, che sia necessario tutelare con maggiore forza e convinzione il diritto e dovere di essere pater: colui che protegge (pati) e che nutre (pas). Nell’etimologia, il valore pregnante di questa figura fondamentale.
Le diatribe che si creano tra ex coniugi, quando chiaramente non ci siano fatti pregiudizievoli, sono spesso legate a rabbia, rancore, desiderio di vendicarsi dell’altro. Queste emozioni nulla hanno a che vedere con la crescita del figlio. La relazione si è incrinata ed è giusto chiuderla. Ciò che è ingiusto è che a pagarne le conseguenze sia l’esser figli e l’esser genitori. Se solo si comprendesse quali danni producono mettere dentro alla rabbia e alla vendetta, i propri figli, si ridurrebbero i tempi in tribunale e si aumenterebbe la qualità genitoriale e con essa la qualità di vita dei piccoli e degli adulti.
Perché lego questo a San Giuseppe?
Lo lego perché benché celebrato, è stato dimenticato. Nessuna biografia su di lui. Su un post leggo: “la sua vita sublime rimase nascosta e sconosciuta: nessuno storico scrisse le sue memorie sebbene della sua santità si hanno tra le più belle testimonianze nella Sacra Scrittura”. Eppure sono certa lui fosse un Maestro, di cui si conoscono gli insegnamenti al 3%. È come se la storia avesse nel tempo “debilitato” l’essenza del suo ruolo e della sua figura “abilitando” solo visioni parziali sebbene importanti.
La storia descrive il prodotto degli eventi ma spesso dimentica chi li ha accesi e resi possibili. Giuseppe, che è protettore di carpentieri, economi, falegnami, lavoratori, moribondi, padri e procuratori legali, è una figura “esoterica”, nascosta. Andrebbe riportata alla luce per chi veramente lui è stato. È possibile che una tale “riabilitazione”, riabiliterebbe quei padri che hanno il diritto di vedere i loro figli tutti i giorni, che non devono ricorrere ad un giudice per stabilire modalità, tempi e luoghi. Riabiliterebbe il ruolo di PROTEZIONE e NUTRIMENTO di cui ogni figlio ha bisogno per crescere. Riabiliterebbe il diritto al gioco, alla sperimentazione, all’ozio. Si anche all’ozio: il poter non fare niente ma insieme. E forse, impedirebbe per legge, di creare condizioni ad hoc di diniego della sua figura.
Il valore della maternità è monco senza quello per la paternità.
Il valore di una Madre e di un Figlio, di natura Divina ed anche Terrena, è monco senza quello del Padre (putativo o biologico che sia).
Così io oggi festeggio mio padre che ha la capacità di esserci in ogni momento in cui ho bisogno di ricevere un’indicazione. Festeggio il Giuseppe dimenticato della mia religione e quello oggi celebrato. Festeggio nonno Giuseppe e la guida che è per me. Gli sono legata più che per il tempo storico trascorso con lui per quello della memoria e per quello che essa ha generato dentro di me. Festeggio, mio fratello, mio nonno Francesco, i miei avi e tutti i padri di questa umanità il cui seme non è solo un dettaglio ma essenza reale di vita.
Festeggio tutti i padri, biologici e putativi. Quelli che ci sono per davvero, che lottano ogni giorno, che lavorano e si spingono oltre per creare condizioni migliori di vita.
Io oggi festeggio la paternità che accende, illumina, forgia, costruisce, protegge, nutre ed è.
foto su https://www.lavoroediritti.com/inps/congedo-paternita-obbligatorio-2017