Ti taggo non significa Ti tocco: le web parole che rinchiudono in una stanza 1


Ti taggo non significa ti tocco: le web parole che rinchiudono in una stanza

Avvicinati, entra e vai oltre: tre passaggi fondamentali per comprendere la natura del disagio e superarlo. Diverse le strategie per stare alla larga. A volte la paura del risultato tiene lontano dal campo nel quale possiamo raggiungerlo.

Voglio parlargli ma di sicuro non mi ascolterà.

Voglio provare il concorso ma di sicuro non lo passo.

Voglio fare l’architetto ma di sicuro non riesco a superare gli esami.

Questi sono solo alcuni esempi su come un disagio si radichi dentro e impedisca il superamento degli step: avvicinati, entra, vai oltre.

Qualsiasi cosa tu voglia, devi andartela a prendere. Questo comporta un forte senso di responsabilità. Significa gestire in modo diverso il tempo e lo spazio. Comporta organizzazione, pianificazione e disciplina.

La pulizia linguistica aiuta. Come ti parli? Come parli?

La Web life impone un glossario da brivido: ti linko, ti elimino, ti cestino, copio-incollo, ti taggo, ti screenshotto, mi piace sono tra le espressioni più usate per gestire le web-relazioni. Si aggiunga la graduale eliminazione delle vocali. Fatto increscioso questo perchè le vocali danno respiro e senso alle parole. Abbiamo esordito con esse, primordiali e potenti le stiamo trascurando perchè dobbiamo essere veloci. Veloci per quale motivo?

Capitolo a parte le emoticon la cui estrema sintesi visiva toglie dall’impiccio di esprimersi e di simulare, qualora sia necessario, emozioni che non si provano. Se da un lato sono divertenti, dall’altro l’uso massicio pota in stagioni sbagliate l’albero delle relazioni. Impegnarsi a dire ciò che si sente, cercare le parole giuste è un esercizio spirituale, evolutivo. Se poto l’albero nel periodo sbagliato, gli creo un danno.

Sei stato davvero un grande è diverso dall’emoticon TOP.

Mi fai battere forte il cuore è diverso dall’emoticon CUORE.

Non ne nego l’uso. Io penso siano utili e divertenti ma facciamo che evidenzino ciò che sentiamo e non lo sostituiscano in nome di una sintesi che spesso è fuori contesto. Più le usiamo in sostituzione, più perdiamo la facoltà del pensare e riflettere.

Anche il termine post è interessante. Se ci riferiamo alla derivazione inglese, si dovrebbe scrivere poust e significa corrispondenza.

postpóust› s. ingl. (propr. «posta, corrispondenza»; pl. posts póusts›), usato in ital. al masch. – Nel linguaggio di Internet, messaggio (un articolo vero e proprio o un breve intervento), lasciato dai frequentatori di blog, forum o altri spazî di discussione, in risposta a una domanda, a commento di un determinato argomento, ecc. (fonte: Treccani)

Se ci riferiamo alla derivazione latina, significa dopo.

pòst- [dal lat. post, post– «dopo, dietro»]. – Prefisso di molte parole composte, derivate dal lat. o, più spesso, formate modernamente, nelle quali indica per lo più posteriorità nel tempo, col senso quindi di «poi, dopo, più tardi».(fonte Treccani)

Post in senso latino invita a una procrastinazione: faccio dopo. Un modo linguistico per evitare di stare nel qui ed ora. Post in sendo inglese è corrispondere, rispondersi. Ma qual è il contenuto reale?

Che significhi corrispondenza o dopo, il post deve possedere certe caratteristiche perchè “attacchi” alle social pareti: brevità e un’immagine di qualità.

Entri nella web life, e in quella che viene chiamata home (casa) passano in rassegna una serie di notizie, la buona parte delle quali viene scorsa senza prestare attenzione. Una percentuale bassa arriva al centro attentivo e di questo, passa alla condivisione una ancora minore. In questa home si passano diverse ore controllando, setacciando, cercando competitor, alleati e compagni in una compulsività paurosa. Articoli, video, immagini pianificati perchè la presenza sia costante. Ma di quale presenza stiamo parlando? La compulsività che si è sviluppata impedisce di spegnere il cellulare, di essere sempre connessi. Ma con chi?

Siamo figli dell’evoluzione, la tecnologia è una benedizione. Sarebbe assurdo negarne l’utilità. Tuttavia ha spostato, per abuso, il focus umano su una piattaforma che è totalmente virtuale modificando anche il modo di comunicare il sentire profondo.

Le web parole incidono sulla qualità del linguaggio e dei pensieri. L’estrema sintesi che impone il social sta determinando una social solitudine (di cui ho già scritto in un altro articolo) le cui conseguenze sono preoccupanti. Si pensi all’Hikikomori, simdrome sempre più diffusa, che rinchiude i ragazzi nelle proprie stanze. Il paradosso? Li rinchiude con “il mondo in mano” incastrandoli in una matrice che li spaventa a tal punto da non volerci entrare con i piedi, camminandoci e vivendolo attraverso il contatto carnale. Ed è il caso anche del virtual sex: si fa da soli illudendosi di farlo in compagnia. Ed ancora le video-dipendenze con migliaia di tutorial per fare qualsiasi cosa (creatività a portata di mano che abbassa la creatività) e quei giochi a difficoltà crescente in cui più sei veloce a fare, più sei bravo. I suicidi condivisi, le sfide all’ultimo “social respiro” perchè il senso di inefficacia e di impotenza rispetto ai ritmi e agli standard lanciati sul web sono costanti,invasivi e martellanti. Si potrebbe continuare all’infinito. Mi fermo qui a riflettere su come questi esempi abbiano in comune la paura di stare nel mondo.

La meraviglia della lentezza, della carezza lunga e carnale, dei giochi in cui devi costruire, con le tue mani e la tua creatività, gli strumenti per goderteli, la discussione dal vivo che può essere più difficile ma ti apre il respiro e la visione, l’importanza di un sano litigio occhi ad occhi e del silenzio condiviso sono atteggiamenti dell’anima che necessitano più impegno e più sforzo ma ti permettono di costruire qualsiasi cosa in autenticità. Piuttosto che chiudervi in un social, chiudetevi con chi amate in una stanza e uscitene quando avete risolto.

Ben vengano i social e le tecnologie per avvicinare di più ma non per sostituirsi alla necessaria vicinanza reale. Se all’uomo togli la sua sensorialità, gli togli la libertà. La bellezza di essere “animali”, di possedere un’anima sta nell’uso dei suoi sensi.

Vista, udito, tatto, olfatto e gusto sono le chiavi del successo reale. Attraverso il corpo esperiamo l’anima e quando acuiamo i sensi, le anime possono sentirsi in ogni istante. La potenza della vera virtualità sta nel raggiungere questo livello. Virtu-alità: alitare, respirare sulla virtù dandole vita e slancio.

Ti tocco non è la stessa cosa di Ti taggo. Ti tocco è esperienza viva.

Creiamo un legame non è la stessa cosa di Ti linko. Creiamo un legame è vita vera.

Condivido ciò che pensi non è la stessa cosa di Ti copio-incollo. Condivido è stare insieme.

Non sento di poter condividere più niente con te non è la stessa cosa di Ti elimino. Non posso condividere con te è comunicazione di senso.

La velocità di questi social gesti tolgono l’opportunità di entrare nell’emozione che si sta provando e di comprenderne il reale insegnamento, quando si sgonfia e  lascia nudi nell’esperienza. L’intento ultimo è raggiungere la libertà ma la libertà non coincide con l’indipendenza.

L’indipendenza è una follia. Ciò che può rendere questo mondo migliore è l’interdipendenza. Solo che quest’ultima viaggia su strade di polvere, sassi e alberi. Vuole il corpo e la sua anima. Cerca l’essenza e cura parole, pensieri e gesti. Quando si chiude nella stanza e cerca il silenzio, lo fa per comprendere come migliorare il suo contatto con il mondo non come evitarlo.

La home proposta sul social non è una casa, è una piazza distratta che ha “distrutto i templi” per vendere di più.

La home vera sparge per la casa i profumi di cibi cucinati con amore, ospita persone che desiderano crescere per davvero, ospita accesi confronti e silenzi estatici. La vera Home protegge l’intimità e le permette di evolvere raggiungendo livelli di conoscenza personale oltre l’immaginabile e con le sue porte e le sue finestre invita a uscire fuori a godersi la neve, la pioggia, il sole e a rientrare per sigillare le esperienze vissute. La home è C.A.S.A, la C.A.S.A. essenziale.

 


Informazioni su Angelina Pettinato

Sono una psicologa, psicoterapeuta. Formatrice e cultrice della parola, mi occupo da diversi anni e con grande passione, di crescita personale e professionale e di scrittura terapeutica. Sono stata anche direttore scientifico di diversi corsi di alta formazione. Attualmente formo professionisti e aziende. Ho fatto diversi cammini spirituali e olistici che le hanno permesso di integrare tutte le mie competenze e le mie conoscenze che spaziano in diversi saperi. Ho ideato percorsi sulla Parola per aiutare le persone a vincere le loro paure e a realizzarsi seguendo con coraggio la loro più autentica vocazione. Ricercatrice curiosa, indago sull’impatto che il linguaggio ha sui progetti di autorealizzazione degli esseri umani proponendo attività che facilitino il loro cammino. Ho già pubblicato Ritorni Prometeo con l’Arduino Sacco Editore, una raccolta di poesie per Pagine Editore, i romanzi Sognando la meta con Narcissus e Ad un passo da noi con StreetLIb. Con gli occhi del cuore, edito da Astrid Editions, è il mio terzo romanzo. (www.angelinapettinato.it)

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Un commento su “Ti taggo non significa Ti tocco: le web parole che rinchiudono in una stanza

  • Maria Silvia Stefanoni

    C.A.S.A., Cura, Accoglienza, Sensibilità, Amore
    Cuore, Affettività, Sincerità, Anima
    Ecc ecc.ecc..
    Meraviglioso articolo che ci invita a profonde riflessioni