Continuano le letture, gli approfondimenti e le terapie.
Un periodo di riflessioni intrecciate tra ciò che sentono le persone che seguo e quello che provo io. Il banco di prova rimane la realtà e la capacità di entrarci dentro dosando le energie a tutti i livelli.
Mi farò aiutare da Hillman e Bouman passando dalle fasi dell’accettazione degli accadimenti della vita.
Affido il punto di partenza a Zigmunt Bouman:
“La felicità non significa vita priva di problemi. Una vita felice si ottiene superando le difficoltà, fronteggiando i problemi, risolvendoli, accettando la sfida. Accetti la sfida, fai del tuo meglio e ti impegni a superarla. E poi sperimenti la felicità nel momento in cui capisci di aver tenuto testa alle difficoltà e al destino. Più sei indipendente, meno sei in grado di controllare l’indipendenza e rimpiazzarla con una piacevole interdipendenza”.
Attraversando le tempeste e la quiete del nostro oceano, impariamo a conoscere l’interiorità. Usciamo fuori per comprendere il dentro. Sarebbe tutto più facile se fossimo privi di giudizi, aspettative e regole imposte. Siamo inseriti come matriosche in un sistema fitto di esperienze, così tante da perdere la rotta finchè non si decide di voler uscire per affermare la propria libertà e con essa l’indipendenza.
Quando la si raggiunge, si prova un senso intenso di felicità. Niente più condizionamenti: sono ciò che decido, quando e come dico io. L’approdo è sul pianeta del monarca assoluto del Piccolo Principe (Antoine De Saint-Exupery): tutti sono sudditi ma nel suo regno abita solo lui. Nessuno con cui confrontarsi nemmeno per affermare la sua stessa autorià. Eppure ha raggiunto il gradino sociale più alto.
Sono state superate diverse sfide per raggiungere l’indipendenza. Perchè allora, esaurita la subitaneità della felicità, subentra il vuoto che non sappiamo gestire? Zigmunt Bauman introduce una parola chiave: l’interdipendenza.
Scrive: più sei indipendente, meno riesci a controllare l’indipendenza. Ecco allora che ritorna il “contatto” e l’anima sociale dell’essere umano. La capacità di coltivare i rapporti umani, di “respirarsi” anche nelle tempeste più complesse, diventa l’ancora di salvezza reale, la garanzia che una volta approdati, ci sarà qualcuno con il quale continuare il viaggio. Oggi in terapia si parlava di amicizia e di come questo legame sia così fondamentale per le persone per crescere. Così l’amore. Si può decidere se vivere quello liquido, senza “grosse pretese” o se costruirne uno che presuppone impegno. Una scelta. La questione è che da essa dipende quanto si riuscirà a connettersi con se stessi in autenticità e a oltrepassare la felicità in favore della serenità, ancor meglio, forse, della sicurezza.
Qui l’articolo integrale con la sua intervista L’amore secondo Zigmunt Bauman
Qui un video interessante dello stesso sociologo L’amore liquido
Ma come si fa a costruire in interdipendenza?
Qui mi avvalgo 🙂 di James Hillman: “tratta l’opera in divenire come un segreto. Tieni a freno la tua bocca aperta. Sorveglia attentamente quello che dici e come e a chi parli di ciò che avviene all’interno”.
Quando si vivono conflitti interpersonali, la tendenza a “sproloquiare” per rabbia e frustrazione è forte. Si cade spesso in questa trappola. Da essa è difficile uscirne se continui a far rumore dentro di te. Quando trasformiamo la rabbia in un’esperienza e la “calcifichiamo”, cominciamo a fare paragoni,ci lasciamo guidare da interpretazioni “condivise” con chi è fuori dal noi e ricorriamo a teorie e spiegazioni che possono stare molto al di fuori dal campo della verità di una data storia.
La rabbia ha poi le sue fasi. Viene rivolta all’altro, agli altri e a se stessi e questo comporta una triplice pacificazione al di là dei suoi esiti, vale a dire con l’altri, gli altri e se stessi. Quest’ultimo è l’aspetto più complicato specialmente se il suo eccesso ha comportato la violazione di qualche valore importante. Tutto si può fare e superare però, se c’è la volontà di evolvere.
La rabbia è preceduta spesso dalla negazione del conflitto: è il momento in cui ci si fa guidare dall’illusione e si tenta una concertazione senza considerare che dall’altra parte potrebbe mancare la volontà di procedere in tal senso. In alcuni casi l’illusione intacca la dignità facendo entrare nel campo del “ridicolo”. Ecco e anche perchè la pacificazione con se stessi diventa poi più dura.
Dalla negazione, alla rabbia, all’accettazione. In questo caso, è questa l’alchimia che producendo separazione, permette poi la ricongiunzione con la propria essenzialità.
Tenere la bocca chiusa mentre costruisci l’opera diventa una massima importante nella costruzione e gestione della relazione: dosare le parole, vivere il silenzio, affrontare lo sforzo, immergersi nell’estasi di determinati momenti e poi riemergere per stare nelle proprie individualità e poi ricongiungersi sono trasformazioni costanti del “sentire” in esperienze “a due ” che consentono l’evoluzione dell’uno.
Il vuoto allora diventa benedetto. Una forza positiva che costruisce la forma necessaria per sperimentare. A volte piuttosto che riempirlo con l’amore liquido, bisogna sentirlo per comprendere come procedere.