C’è un sovrumano splendore dentro di te che attraversa e oltrepassa ogni forma di male.
Ma cos’è il Male?
Il Male, oltre che come forza devastatrice a livello macroscopico, è da intendersi anche come disagio che insorge quando le situazioni che vivi sono complesse e confusionarie. È la rabbia che esplode dentro e fuori attraverso atteggiamenti che invece di canalizzarla, la amplificano stravolgendo la natura e l’insegnamento degli eventi vissuti e quelli in corso.
È la difficoltà a comprendere ciò che accade, ad avere punti di riferimento ancora più fragili, o sebbene solidi, inadeguati per quel dato momento.
È la ripetizione di schemi disfunzionali che ti fanno procedere su doppio binario con doppia vita (immaginifica e reale), muovendoti lungo la linea che alterna il desiderio di trasgredire con quello di aderire. Alternanza possibile ma che necessita di consapevolezza perché non travolga e quindi distrugga ciò che si costruisce.
È da intendersi come nodi mal fatti che non superano l’esame del pettine e compromettono l’ordito.
È una ricerca annodata su convinzioni rispetto a se stessi falsate da emozioni che, per un motivo o per un altro, non sono state elaborate, assimilate, integrate. Come se fossero rimaste energie pazze in movimento tsunamico.
Così insorgono ansie, depressioni, aggressioni senza senso, disistima, apatia, ossessioni e compulsioni, bipolarità che trattengono nella scatola e riducono la capacità di scegliere, comprendere e agire.
Si entra nella vita parallela, la si cerca e si sta finché anch’essa perde di entusiasmo e stimolo affaticando il cammino.
In che modo uscire?
Narrando.
Narrando attraverso l’arte. Il Male si vince trasfigurandolo attraverso l’arte di narrare.
Ricorro spesso ad essa in psicoterapia.
Ognuno di noi ha la sua ed essa è la cura.
L’A.R.T.E. è l’autocura che racconta la tua essenza.
Quando sei “nello Stato dell’Arte in Consapevolezza” puoi capire perché e come accade la tua esistenza.
Il flusso che si innesca è talmente potente da creare quell’alchimia interna che consente di svelare gli arcani che tengono legati al “male”, che è vivere nella dualità arroccati sulle proprie posizioni. Queste ultime sviluppate secondo definizioni viziate da un connubio non sempre felice tra la propria esperienza e quella trasferita, a volte con piglio ossessivo, dalla comunità di riferimento.
Attraverso il proprio stato dell’arte è possibile “distruggere” ciò che crea disagio, trasfigurandolo.
Trasfigurarsi significa riconoscere la propria bellezza interiore e usarla per perseguire la realizzazione di se stessi.
Da tale trasfigurazione, come l’Araba Fenice, si costruisce un mondo, il proprio, nel quale non è più necessario vivere in vite parallele ma in una integrata. Tale integrazione restituisce dignità alla luce e all’ombra cosicché camminare nel buio smette di essere “diabolico” e diventa un viaggio del sentire utile alla propria anima quanto quello nella luce.
In questa nuova condizione narrante tu ti identifichi con te stesso e il fuori ne diventa lo specchio. Cadono competizioni, emulazioni e sorgono occasioni alla pari di evoluzioni e trasfigurazioni funzionali.
Potrei dire che la psicoterapia è un atto di accompagnamento alla trasfigurazione attraverso il riconoscimento del proprio Stato dell’Arte.
La foto che ho scelto è uno scatto fatto da un astronauta a bordo della Stazione Spaziale Internazionale Lo scatto ha catturato questo una fascia luminosa che avvolge il Pianeta nell’oscurità. La trovi su focus.it.