Famiglie felici? Abbasso la perfezionite.
L’ho intitolato così questo articolo perchè uno dei punti cruciali della felicità in famiglia, così come in qualsiasi altro luogo emotivo è la sindrome della perfezionite.
Tutto deve essere perfetto: la casa, i vestiti, i compiti, il lavoro, le vacanze, i pasti. Qualsiasi cosa si faccia deve essere perfetta. Le convinzioni che si creano intorno a questa idea per niente vicina alla realtà generano così tanta frustrazione da commettere costantemente errori fini e grossolani.
D’altra parte ci stanno indottrinando molto bene. Pensiamo solo ai tantissimi filtri che possiamo usare per modificare una foto. Dallo scatto reale a quello “social” passa la distorsione. Benchè artistica rivela quello che vorremmo ma non quello che siamo. La virtualità ci ha messo nelle condizioni di scegliere di mentire e gli strumenti che ci ha dato ci influenzano costantemente nell’andare in questa direzione. Quintalate di informazioni su come diventare perfetti ci arrivano da ogni dove. In Tv adesso scelgono delle luce per cui sembra di vedere angeli che si interessano tanto di gossip quanto di tragedie, passando dall’una all’altra come si fa quando si mangiano le ciliegie: non te ne accorgi nemmeno. Solo il pal di pancia o il cestino vuoto ti dicono che è arrivato il momento di smettere.
Tutto questo si scontra costantemente con la realtà, quella in cui ci metti i piedi, le mani, il corpo, la parola. Nessun filtro, nessun ritocchino: chi sta in contatto con te ti vede, ti sente. Stessa cosa per te.
La perfezionite è quindi una sindrome molto pericolosa che si insinua nelle dinamiche familiari, che sono poi quelle che viviamo tutti i giorni. Se non rispondi al canone virtuale, se non hai quella luce pseudo-eterica che ti permette di cucinare come nei programmi tv, fare l’amore come nelle fiction, raggiungere i traguardi di abbondanza economica come quelli che su internet sembrano i re incontrastati dell’economia mondiale, sei un fallito. Questo fallimento, che è in realtà una creazione virtuale realizzata ad hoc, entra in casa e la distrugge.
Ci sono famiglie in cui si comunica nella stessa casa con whatsapp, i bambini hanno l’accesso incontrollato a internet prima ancora di saper leggere e scrivere, si pranza e si cena con il cellulare in mano o accanto al posto della forchetta e del coltello e quando si festeggia qualcosa ormai è live: subito sui social.
Poi un giorno una tempesta solare fa sballare le linee e si va in completo black out: e adesso? Cosa ci raccontiamo? Come ci comportiamo? Farfugliamo, quasi quasi tremiamo dalla paura del dover entrare in contatto e allora si che sentiamo il desiderio di Dio: “ripristina al più presto la linea”!
Per qualche anno mi sono occupata di pedagogia clinica. Da psicoterapeuta e formatrice ho approfondito e fatto approfondire ai miei allievi il ciclo di contatto. Ne viviamo a migliaia nella vita: alcuni si interrompono, altri si chiudono subito, altri dopo tanto tempo ed altri ancora rimangono aperti per sempre. In questi cicli di contatto accadono delle magie straordinarie.
Ma vogliono il corpo che vibra di anima e spirito. Vogliono la fisicità. Vogliono il respirarsi a vicenda per compenetrarsi e comprendersi fino in fondo.
Un ciclo di contatto inizia quando insorge una sensazione da un momento di quiete.
Facciamo un esempio concreto:
Sto scrivendo questo post. Arrivata ad un certo punto avverto una strana sensazione. Mi ci soffermo: ho voglia di un ginseng. Si apre il ciclo. La voglia di caffè (sensazione) mi mette in azione: accendo il bollitore, scelgo il colore della mia tazzina, verso un cucchiaino e mezzo di polverina. L’acqua inizia a bollire. Il suo rumore e quel piccolo rito fatto fino a quel momento, alzano l’asticella della voglia finchè verso il liquido nella mia tazzina. Giro con il cucchiaino perchè si sciolga per bene e bevo il mio ginseng. Me lo godo e quando finisco, prima di lasciare la tazzina, mi leggo le labbra. La poso nel lavandino. La sensazione è diventata azione, l’azione mi ha procurato piacere e adesso mi godo “il riposo da soddisfazione”.
Ed è solo voglia di ginseng.
In questo piccolo esempio si nota quanto sia importante il rapporto carnale: io sento il mio corpo e ne soddisfo le esigenze. La stessa cosa accade nel rapporto tu per tu e nei rapporti familiari.
Una famiglia felice è imperfetta, poco virtuale benchè usi con intelligenza gli strumenti tecnologici e soprattutto crea costantemente cicli di contatti sani per procurare piacere ad ogni suo membro nel rispetto reciproco.
In questo la comunicazione gioca un ruolo fondamentale perchè ti aiuta a vivere in piena consapevolezza il contatto.
Ecco perchè il mio servizio Famiglie Felici punta a far fare un percorso insieme e in parallelo.
Aiutare ad aiutarsi: è questo l’obiettivo di qualsiasi processo della cura.