L’arte della semplicità e dell’impermanenza


Ogni giorno fate un piccolo atto di gentilezza che crei differenza nella vita degli altri. Servire l’Universo e amare tutto e tutti senza giudizio, senza dire “mi piace” o “non mi piace”, sviluppare un attaccamento universale che porta al distacco personale. Questi atti di gentilezza funzionano come una dinamica di gruppo: ci ispirano e ci motivano fino a diventare parte di un’abitudine consapevole. Madan Kataria fa centro ancora una volta in quella strada di me che connette il cuore con la mente. Per comprendere fino in fondo il principio dell’impermanenza, vale a dire del “tutto cambia, nulla è permanente”, bisogna imparare a dare, ad essere gentili, ad accettare se stessi e gli altri per quello che si è e sono. Le azioni e il comportamento sono ancora più importanti della comprensione e dell’intenzione perché è il movimento che ci consente di vivere, di imparare, di allargare i nostri orizzonti e le nostre conoscenze. Il distacco personale dall’inutile, la focalizzazione sull’essenziale sono un dono che viene dalla sperimentazione dell’autenticità. Basta saper respirare per entrare in connessione con se stessi, basta il silenzio per comprendersi, basta un sorriso per sorreggersi. Quanto semplicità in questa filosofia di vita. Ho sempre pensato che la filosofia fosse terribilmente complicata, romantica per certi versi ma incredibilmente complicata con le sue parolone e i suoi concetti così tanto profondi da perdere a volte il senso della superficie. Ho impiegato anni per imparare a parlare difficile per poi scoprire che il dono più bello che possiamo offrirci e offrire è la semplicità. E’ semplice l’amore, è semplice la gentilezza, è semplice la cura, è semplice offrire, è semplice donare, è semplice avere fiducia. E’ tutto meravigliosamente semplice. Oggi mia nipote ha cominciato a gattonare, dovevate vederla con quale semplicità e rapidità ha raggiunto il suo giocattolo, come se l’avesse sempre fatto. L’altro giorno invece ha riso con me per un dito che faceva tac poggiandosi su una ciabatta. E’ semplice anche questo: gioire dello stare insieme, del lasciarsi andare al movimento senza curarsi della prestazione ma semmai del visino acceso di una piccola creatura che si affaccia con entusiasmo alla vita e cerca armonia. Lei è il giocattolo che raggiunge, come dice Richard Romagnoli, è il tac del dito sulla ciabatta, è il pane che rosicchia con gusto, è il vocalizzo che richiama l’attenzione, è la carezza che ti da senza un motivo, è il sorriso che regala a suo fratello, è l’entusiasmo che mette in qualsiasi cosa fa, è la calma che impiega per raggiungere i suoi traguardi, è la tenacia del suo respiro che l’aiuta a vincere le prime battaglie, è il pianto che ti segnala che ha fame e quello che ti dice che ha bisogno di andare a nanna. E’ ciò che comunica, è il modo in cui esprime i suoi perché, è il come che inventa al momento per catturare il presente. Lei è unità con l’Universo. Wow beata infanzia. Da grande voglio diventare Andrea, Giovanni, voglio riappropriarmi della semplicità. Nel frattempo per raggiungere questo nuovo meraviglioso obiettivo mi alleno respirando, lasciando andare e praticando la gentilezza. Grazie a chi mi dà la possibilità di comprendere, grazie a chi mi consente di essere utile, grazie a chi attacca mettendo in luce il suo bisogno profondo di essere riconosciuto, grazie a chi mi aiuta ad andare oltre restando attaccata al presente, l’unica dimensione in cui mi è concesso di esistere adesso. Grazie a chi mi segnala che ho bisogno di continuare a migliorare, grazie a chi entra nei miei sogni a darmi un messaggio, grazie a chi coltiva l’amore, a chi lo nutre amando senza aspettarsi nulla in cambio. Sia quel che sia… io ho indossato le mie scarpe da ginnastica bianche e la tuta e mi appresto a correre al ritmo del mio sentire. 

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