Risalendo la cresta della montagna del Tiriolo, a tratti impervia e stretta, guidata da una storia antica di millenni e nuova alla mia coscienza, penso di stare per qualche ora nella leggenda. Omero con la sua opera è passato anche da qui, dall’Istmo della Calabria, il punto più stretto dell’Italia dove è possibile con un solo colpo d’occhio ammirare e contemplare il mar Ionio e il Tirreno. Anche la nebbia rende suggestivi questi luoghi superbi al punto che quando il respiro diventa più forte, tu vuoi comunque arrivare fino alla vetta. A rendere più speciale questa escursione è nientemeno che Ulisse e le sue imprese. Leggenda o realtà, poco importa! Si narra che giunse qui a Tiriolo, un tempo forse regno dei Feaci. Lo condusse in questi luoghi la figlia del re Antinoo, la bellissima Nausicaa. A lei, l’eroe si rivolge così:
“Mi inchino a te, signora: sei una dea o una donna mortale?
Se infatti sei una dea di quelle che abitano l’ampio cielo,
Artemide sembri, figlia del grande Zeus,
per l’aspetto e la figura slanciata;
ma se sei una donna mortale, di quante abitano la terra,
tre volte beati il padre e la madre veneranda,
tre volte beati i fratelli: molto il loro cuore
sempre si colma di gioia grazie a te,
quando vedono un simile bocciolo intrecciare movenze di danza.
Ma felice in cuore più di ogni altro
chi, portando più doni, ti condurrà alla sua casa in sposa.” (l.VI, vv.149-159- Odissea)
Sulla vetta accompagnata dalla nebbia e dal vento la poesia del poeta mitico diventa un tutt’uno con quella della Natura e l’anima si libra in voli pindarici perdendosi nella leggenda mentre alzando un dito al cielo si possono quasi toccare le nuvole.